Portafoglio Rischio Basso, Orizzonte Temporale Breve | Analisi

Caso studio: come costruire un Portafoglio Rischio Basso, Orizzonte Temporale Breve

Iniziamo questa trattazione sulle Asset Allocation dal gradino più basso: quando il rischio deve essere basso (il capitale va primariamente preservato) e l’orizzonte temporale per l’investimento è breve, superiore a 1 anno (altrimenti, personalmente, passo di gestione della liquidità e basta) ma non superiore a 3 anni.

Valutazioni generali

Trovandoci ad investire in un periodo di tempo breve (1-3 anni) ci troviamo in una forbice tra ingresso ed uscita inferiore, storicamente, al ciclo economico sia dell’economia tradizionale (cicli di espansione e recessione brevi o lunghi come i cicli di Kondratiev) sia dell’andamento dei mercati finanziari (crisi, recupero, crescita, stagnazione, nuova crisi).

Valutazioni strategiche

Dovendo quindi caratterizzare il nostro approccio con la prudenza, il contenimento del rischio di ‘perdere’ il capitale alla fine di un orizzonte temporale che da poco spazio al recupero, dovremo puntare ad asset, o investimenti, caratterizzati da bassa volatilità (poca oscillazione del valore) ed elevata solvibilità nonché liquidità.

Il portafoglio che ne deriva non è focalizzato su un obiettivo di vera ‘crescita’ bensì di remunerazione di un capitale fondamentalmente stabile.

L’inflazione, connaturata alle attività umane, rimane il principale avversario, spesso invincibile, di questo approccio, ma possiamo consolarci considerando che l’effetto devastante dell’inflazione è dato non tanto dai suoi picchi (terribili, ma storicamente rari), bensì dalla sua capitalizzazione composta che anno dopo anno allontana il valore reale attuale dei beni da quello nominale di un periodo precedente.

Avendo a che fare con un orizzonte temporale breve, però, la capitalizzazione composta dell’inflazione ha poco spazio per operare danni significativi.

Asset allocation Rischio Basso, Orizzonte Temporale Breve

Asset allocation selezionata

Date queste considerazioni l’Asset Allocation che propongo come esercizio intellettuale è la seguente.

Per la componente di rischio assumiamo 5% di azionario, massimo 5% di rischio valutario.

  • 2% nell’azionario dell’Eurozona
  • 2% in azionario del Nord America
  • 1% azionario dell’Oriente e del Pacifico escludendo i paesi emergenti

Per la parte obbligazionaria (45%):

  • 10% in obbligazioni governative di buon merito creditizio a breve termine (1-3 anni)
  • 25% in titoli di Stato (durata finanziaria inferiore a 5 anni)
  • 7,5% in obbligazioni societarie di buon merito creditizio (sempre di durata finanziaria inferiore a 5)
  • 2,5% in obbligazioni, possibilmente governative, di paesi emergenti

Per la parte di liquidità (50%):

  • 50% in conti di deposito remunerati o asset stabili come polizze vita tradizionali, buoni postali e simili

Valutazioni storiche

Andiamo a fare qualche valutazione storica su questa Asset Allocation che mi sono divertito a proporre. Innanzitutto il motore primario del risultato di portafoglio è legato al livello dei tassi d’interesse attualmente disponibili sul mercato al momento dell’investimento, possedendo il 50% dell’allocazione in liquidità remunerata. Nel momento storico in cui sto scrivendo (inizio dicembre del 2024) trovo conti deposito online vincolati a 36 mesi che offrono tassi tra il 3,5% ed il 4% lordo al massimo (ref.)

Purtroppo applicare il vincolo al 50% di un patrimonio mina uno dei principi primari dell’approccio prudente a breve termine che è quello della liquidità.

Rendere il 50% del capitale fortemente illiquido aggiunge un rischio rilevante al portafoglio.

Conti deposito non vincolati li trovo, oggi, su rendimenti più contenuti, tra il 2,4% ed il 3% annuo lordo al massimo, in linea con i rendimenti del debito governativo a breve termine. Non posso aspettarmi di più da rendite assicurative o buoni postali, che anzi verosimilmente offriranno rendimenti netti leggermente inferiori.

Ho fatto questa doverosa premessa perché è opportuno andare a valutare il 50% del portafoglio non gestito in liquidità, composto per la metà da titoli di Stato europei, per un quinto da titoli di Stato europei a breve termine e per il resto da obbligazioni societarie di buon merito creditizio in euro, azionario dell’Eurozona, azionario Nord America, azionario del Pacifico, obbligazioni e titoli di Stato dei paesi emergenti (spesso in valuta dollaro).

Questa “seconda metà del portafoglio” in un orizzonte temporale di 12 anni (diciamo dal dicembre 2012 al dicembre 2024) avrebbe generato un tasso di crescita annuale composto intorno al 2,3%, che corrisponde ad un +31% del capitale in 12 anni, questo a fronte di un rischio inteso come oscillazione media nel corso dell’anno estremamente contenuta, pari al 3,62%. Il problema che ci porta ad associare a questo storico poco redditizio ma estremamente stabile un 50% in liquidità remunerata è il tema dei tassi d’interesse.

Già riducendo al 50% l’esposizione ai titoli di Stato ed utilizzandone con una durata finanziaria di circa 5 anni, nell’anno 2022 (forte rialzo dei tassi d’interesse) questa parte del patrimonio avrebbe subito una svalutazione superiore al 10%. Non solo difficile da digerire per un obiettivo prudente e breve, ma anche complessa da recuperare con certezza in 1-3 anni.

Questo ipotetico sotto-portafoglio, infatti, ad oggi (dicembre 2024) avrebbe recuperato i valori di gennaio del 2020, prima del Covid, quasi 5 anni indietro nel tempo. Rischierebbe di tradire quindi il mandato di “prudenza”, “liquidità” e “breve periodo temporale d’investimento” che proponiamo per la nostra asset allocation.

Entra in gioco, quindi, come elemento determinante, la remunerazione del capitale fisso.

Trovando sul mercato conti deposito al tasso del 2,4% potremmo affermare di aver costruito un portafoglio “Prudente” e “Stabile” di “Breve Termine” con una remunerazione attesa congrua tra liquidità remunerata e capitale diversificato su altri asset.

Disponendo di remunerazioni superiori (es. conti remunerati al 4% e liquidi) un ipotetico consulente dovrebbe aspettarsi che il semplice risultato della remunerazione del capitale possa essere superiore a quello dell’asset allocation (c’è un motivo se personalmente sto consigliando di mantenere gli investimenti a questi tassi a chi ha la fortuna di averne a disposizione!).

Con un rendimento pari al tasso EONIA (Euro OverNight Index Average), che è in parole povere il prezzo medio a cui le banche, ogni giorno, si prestano i soldi tra loro, sul 50% in “liquidità” di questa asset allocation, la ‘crisi’ del 2022 avrebbe comportato una flessione massima complessiva inferiore al 6%, ma soprattutto avrebbe riportato il capitale investito nel momento più sfavorevole possibile (sul massimo del novembre 2021) in guadagno a marzo 2024: centrando l’obiettivo di protezione su un orizzonte temporale inferiore a 3 anni.

Purtroppo il tasso EONIA, che è stato a lungo molto ridotto se non negativo, è un cattivo elemento per costruire uno storico su questa asset allocation.

È ovvio che nei momenti in cui il tasso era negativo, l’ipotetico investitore avrebbe comunque trovato investimenti a rendimento zero piuttosto che a rendimento negativo. Come alternative, quindi fare uno storico lungo (12 anni) su questa asset allocation usando l’EONIA Index per il 50% in liquidità del portafoglio, ci fornisce rendimenti medi annui sensati negli anni in cui i tassi non erano negativi (3,7% annuo di crescita del capitale prima delle politiche di immissione della liquidità nel 2015) simili a quelli ottenuti dopo l’inizio del rialzo dei tassi europei alla fine di luglio del 2022 (4% annuo di crescita del capitale tra il settembre del 2022 ed il luglio del 2024), ma appiattisce il rendimento complessivo negli anni tra la primavera del 2015 e la fine dei “tassi zero” nell’estate 2022.

Conclusioni

Spero di aver reso un’idea del perché ha senso diversificare anche su un’asset allocation “banale” come quella ‘Breve’ e ‘Sicura’:

L’impatto dei tassi d’interesse sulla performance complessiva del portafoglio divengono il fondamentale più importante a cui è legato il risultato finale.

Un’attenta analisi storica e una valutazione continua del contesto economico e dei tassi d’interesse diventano quindi essenziali per prendere decisioni d’investimento sensate per perseguire un obiettivo sia di prudenza che di breve termine.

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