Portafoglio Rischio Consistente, Orizzonte Temporale Breve | Analisi

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Caso studio: come costruire un Portafoglio Rischio Consistente, Orizzonte Temporale Breve

Assumere un rischio “consistente” può essere considerato come investire un plafond di rischio in cambio di rendimento che potrebbe, al termine dell’orizzonte temporale dell’investimento, comportare perdite che non compromettono completamente il valore del patrimonio investito, ma che ne riducono il valore di una porzione significativa. 

Trattando in questo momento l’orizzonte temporale “Breve” (che considero congruo ad un investimento il cui risultato va valutato tra un minimo di 1 anno ed un massimo di 3 anni) si può rientrare nella fattispecie di rischio “Consistente” con allocazioni del capitale usualmente considerate molto più conservative disponendo di orizzonti d’investimento più lunghi.

Questo perché, se nel breve termine l’effetto dell’inflazione generalmente ha un impatto meno prolungato, potremmo entrare nei mercati con un “timing” d’ingresso svantaggioso e non riuscire ad intercettare un sufficiente recupero delle valutazioni.

Mi riferisco sempre al rischio in maniera generale, unendo elementi come:

  • la volatilità dei valori
  • la potenziale illiquidità degli investimenti
  • l’effetto dei tassi d’interesse
  • o della concentrazione dell’investimento in settori, aree geografiche o segmenti dell’economia troppo specifici.

Intendo quindi proporre un’allocazione più rischiosa di quelle analizzate nelle puntate precedenti. Un’allocazione rischiosa per il breve termine, ma che non esponga il patrimonio ad una “compromissione eccessiva” del suo valore in caso di scenario negativo.

Asset allocation Rischio Consistente, Orizzonte Temporale Breve

Valutazioni strategiche

Nell’orizzonte temporale breve il passaggio dalla moderazione o il bilanciamento del rischio ad una sua esposizione passa più attraverso l’abbandono di asset liquidi e stabili in ogni condizione di mercato (ad esempio i conti di deposito o gli strumenti monetari di liquidità) che attraverso una sovraesposizione al capitale di rischio, che nel Breve Termine ha rendimenti difficilmente valutabili con certezza poiché ci troviamo ben al di sotto dell’orizzonte temporale di un ciclo economico.

Iniziamo quindi a ridurre le fonti di rendimento che anche in 1-3 anni offrono “certezza” in cerca di una maggiore quota di “fixed income”, rendimento fisso da accumulare. L’orizzonte temporale breve, purtroppo, non si presta alla capitalizzazione composta dei rendimenti.

Questo è il motivo per cui in un portafoglio “Dinamico” di breve termine vado ad eliminare l’investimento in “liquidità” assumendomi per primo il rischio di volatilità sull’intero capitale investito.

La quota più stabile del capitale rimane espressa da un 14% di titoli di Stato che manterranno una durata finanziaria pari all’orizzonte temporale del mio investimento (da 1 a 3 anni), mentre intensificherò la quota di capitale di debito con una durata superiore al termine del portafoglio, senza però ricorrere a vere e proprie obbligazioni a lungo termine.

Allo stesso modo intensificherò il ricorso a obbligazioni che ottengono una durata finanziaria breve ma attraverso l’incremento del rischio e quindi del rendimento (cosiddette obbligazioni “High Yield” ovvero ad “Alto Rendimento”).

Propongo quindi la seguente asset allocation.

40% in Titoli di Stato senza rischio valutario suddivisi per due fasce di durata:

  • Il 26% del capitale verrà investito in Titoli di Stato e obbligazioni istituzionali/governative (come i sovranazionali) con una durata residua poco superiore a quella dell’orizzonte di breve termine, in cerca di un extra-rendimento in cambio di un maggior rischio di non centrare l’obiettivo di remunerazione prefissato. Andranno bene a questo fine titoli con scadenza tra 3 e 5 anni, oppure titoli di Stato di merito creditizio elevato (ad esempio con rating A o superiore) tra i 4 e i 7 anni di scadenza.
  • per il restante 14% investiremo in titoli di Stato di buon merito creditizio con scadenza pari all’orizzonte temporale d’investimento (quindi massimo 3 anni)

12,5% (1/8 del capitale) in obbligazioni societarie (Corporate Bonds) prive di rischio valutario e con buon merito creditizio (investment grade). La finalità non è solo quella di diversificare dal debito sovrano (grande protagonista di questa asset allocation), ma anche di valorizzare i rendimenti di emittenti obbligazionari che si finanziano con più difficoltà degli Stati sovrani.

8% del capitale verrà suddiviso sempre tra titoli di debito, ma ricorrendo alle obbligazioni ad “Alto Rischio e Rendimento” suddivise tra:

  • 4% in obbligazioni societarie al di fuori dell’Investment Grade, cosiddette Obbligazioni Societarie High Yield. Queste con l’accortezza di sceglierle con maturità (ovvero durata media del pacchetto di titoli obbligazionari) non lunga, al massimo a 3-5 anni.
  • 4% in obbligazioni emesse presso paesi emergenti, possibilmente senza o con poca esposizione al rischio valutario. Anche qui preferibilmente scegliendo una maturità non lunga (massimo 3-5 anni) per ridurre delle fluttuazioni che nelle obbligazioni emergenti potrebbero durare ben più degli 1-3 anni di un portafoglio a breve termine.

3,5% del capitale posso spenderlo in titoli di debito di buon merito creditizio esposti invece a rischio valutario, in valuta forte (tipicamente il dollaro). La natura di questo investimento è prettamente di bilanciamento anche valutario, assumendo una tipologia di rischio da cui abbiamo preservato il resto del capitale di debito. Anche qui, preferenzialmente, andrei a contenere il rischio tassi d’interesse non sovrapponendo una durata lunga al rischio valutario, ma tenendomi su scadenze tra 1 e 3 anni.

Il restante 36% del capitale posso dedicarlo all’investimento azionario, scegliendo però una diversificazione forte sia tra settori merceologici (l’investimento settoriale ha usualmente tempi di recupero più lunghi rispetto all’economia nel suo complesso) che bilanciano l’esposizione valutaria anche all’interno del paniere di azioni.

  • 12% in titoli azionari a grande capitalizzazione (Large Cap) di paesi dell’Eurozona, ben diversificati dal punto di vista settoriale e privi di rischio valuta.
  • 8% in titoli azionari del Nord-America a grande capitalizzazione.
  • 3% in titoli azionari dei paesi emergenti
  • 3% in titoli azionari delle economie del Pacifico e dell’oriente considerate come paesi sviluppati (Giappone, Singapore, Australia, Hong Kong etc…)
  • 10% in azioni globali caratterizzate da bassa volatilità rispetto alla media del mercato o da fondamentali particolarmente stabili.

Osserviamo il risultato di questa asset allocation da me proposta:

  • 26% in titoli di Stato a medio termine
  • 36% di azionario diversificato
  • 14% in titoli di Stato a Breve Termine
  • 12,5% in obbligazioni societarie di buon merito creditizio
  • 8% in obbligazioni ad alto rendimenti equidivise tra paesi emergenti e obbligazioni speculative societarie
  • 3,5% in titoli obbligazionari a breve termine ma espressi in valute extra-europee.

Che rendimento avrebbe garantito e quale bilanciamento offerto nel passato più o meno recente?

Valutazioni storiche

Se osservassimo questa asset allocation da me proposta nel decennio compreso tra la fine del 2009 e la fine del 2019 (escludendo quindi fasi di elevata volatilità come la crisi del 2008 ed il COVID), anche senza ribilanciamento questa diversificazione apparirebbe, da dati storici, eccezionale sotto molti punti di vista.

Con un tasso di crescita annuo composto superiore al 7,5% si aggiudicherebbe un posto tra i portafogli con crescita pari ad un investimento dinamico/a rischio consistente, ma senza il rischio, espresso come volatilità dello stesso: la volatilità nel periodo è stata infatti intorno al 5,5% annuo, il che fornirebbe un’efficienza finanziaria del 30% superiore quanto a rendimento rispetto a rischio.

Questa performance fenomenale è ovviamente però data da uno storico con una particolare congiuntura di lungo termine. Escludendo i dati del 2025 il rapporto tra rendimento e volatilità sarebbe completamente invertito nei tre anni successivi, tra il 2020 e l’inizio del 2023, caratterizzato da volatilità dei mercati azionari ed uscita da una fase di tassi negativi con un forte incremento di tassi ed inflazione, avremmo avuto una volatilità del 50% superiore ed un tasso medio annuo di crescita poco superiore a zero.

Questo dato triennale comunque non ci fa assegnare un grado di rischio “Consistente” sul capitale con leggerezza, anche su orizzonti temporali brevi, poiché dallo storico l’allocazione risulta comunque molto resiliente in tutti i contesti di mercato.

Il fatto però che questo portafoglio abbia perso oltre il 10% del valore nel 2022 e l’esposizione all’azionario superiore al 33% per un investimento di breve termine, mi fa giudicare, come fondamentali, l’allocazione potenzialmente esposta al dinamismo del mercato, e quindi non conservativa del capitale, né perfettamente bilanciata tra rischio e rendimento, salvo in fasi storiche particolarmente fortunate come tra il 2009 ed il 2019.

Si deve notare come la selezione degli asset è stata fatta comunque con criterio, in cerca di una ‘adeguatezza’ al ciclo di Breve Termine che si ha come obiettivo. L’azionario viene sì impiegato, ma diversificandolo con un’attenzione ad aziende più grandi di mercati maturi e indici a contenuta volatilità.

E’ giusto auspicare per questo tipo d’investimento ritorni medi annui composti pari o superiori al 5%, tuttavia trattandosi di una volatilità non indifferente nel breve termine, è opportuno considerare la massima variabilità di questi risultati: sbagliando il triennio d’investimento si può passare, come si è visto, da risultati molto più favorevoli a ritorni nulli o negativi.

Conclusioni

Questo portafoglio dispone di un’aspettativa di rendimento ed una potenziale volatilità “Dinamica” su un orizzonte temporale di “BREVE TERMINE”, ma soprattutto caratterizzata, rispetto ad altri investimenti brevi più bilanciati, di un maggiore determinismo dei risultati dato dal momento di mercato. 

Laddove si affrontassero fasi di rialzi dei tassi o di volatilità degli indici significativi un lungo scenario stabile precedente potrebbe portare a risultati meno attesi valutando i semplici corsi storici degli asset.

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