La Frontiera Efficiente e la Teoria di Markowitz, spiegati da Bowman

Frontiera Efficiente

Il premio nobel per l’economia Harry Markowitz pubblicò nel 1952 un articolo intitolato “Portfolio Selection” sul Journal of Finance, in cui presentò per la prima volta la sua “Teoria” sulla costruzione di un portafoglio efficiente.

Essenzialmente partiva da tre concetti ormai divenuti basilari per tutti gli investitori:

  • Diversificazione
  • Ottimizzazione
  • Frontiera efficiente

Concetti alla base delle teorie di Markowitz

Diversificazione

Combinando diversi titoli, o in generale tipologie di investimento, è possibile ridurre il rischio complessivo del portafoglio. Questo logico principio lo possiamo acquisire immediatamente con un paragone. Immaginiamo di possedere 5 attività ognuna con un rendimento medio di 10.Se investo 1/5 in ciascuna attività avrò un rendimento complessivo di 10, ma sarò esposto per il 20% ai rischi di ciascuna attività.

Questo rende più frequente che qualche mio investimento possa avere dei problemi, ma non avendo messo tutte le uova in un unico paniere è improbabile che pochi singoli rischi compromettano la mia attività di investitore.

Se la diversificazione è equilibrata e significativa gli eventuali rischi verranno bilanciati dai rendimenti complessivi. Questo è il principio di DIVERSIFICAZIONE

Ottimizzazione

Scegliendo il portafoglio più adatto ad un certo rischio complessivo, che quindi posso misurare e assumermi consapevolmente, arrivo a massimizzare l’attesa di rendimento. Questo è il principio di OTTIMIZZAZIONE

Frontiera efficiente

Se collego le combinazioni di rischio-rendimento più elevate (il massimo rendimento ottenibile per un rischio del 2%, il massimo per un rischio del 3% etc… etc…) ottengo una linea, o meglio una curva, che racchiude tutte le combinazioni di investimento (portafogli) diversificate sulle quali posso collocarmi per la massima efficienza. Questa è la mia FRONTIERA EFFICIENTE

Teorie per la costruzione di un portafoglio efficiente

Frontiera efficiente

Questa teoria “classica” nella costruzione di un portafoglio ci fa capire perché un portafoglio costruito in maniera professionale e diversificata (a prescindere se è anche ottimizzato e se si trova sulla frontiera efficiente) non apparirà nella forma di: 1 milione di euro investito in azioni “Coca Cola”, bensì 1 milione di euro investito al 60% in titoli di debito (obbligazioni e titoli di Stato), 40% in titoli di rischio o capitale (azioni, ma anche materie prime ad esempio), e nello specifico potrebbe, ad esempio, essere composto da un 30% di titoli di Stato europei, 10% di titoli di Stato extra-europei, 15% obbligazioni di grandi società, 5% di obbligazioni emesse in paesi emergenti, 20% di azioni europee, 25% di azioni americane, 10% di azioni di paesi emergenti o asiatiche e 5% di metalli preziosi.

Il potenziale di rendimento del secondo portafoglio potrebbe essere non differente da quello del primo, ma il rischio a livello di ribasso dei rendimenti o fasi negative del risultato saranno verosimilmente molto inferiori.

Se Markowitz ha gettato le basi della moderna teoria di portafoglio, altri hanno proseguito l’opera. Il modello CAPM (Capital Asset Princing Model) di Sharpe, Lintner e Mossin fornì un modello per valutare i titoli e costruire i portafogli, stimando il rendimento richiesto per ogni livello di rischio, avendo introdotto il concetto di mercato efficiente e relazione tra rendimento rischio di sistema (beta).

Fischer e Black adattarono il modello tradizionale con la loro “teoria dei prezzi degli attivi reali” introducendo il concetto di tasso d’interesse reale in un’economia in inflazione, per misurare l’impatto dell’inflazione sulla scelta degli investimenti e la misurazione ‘reale’ degli attivi.

Fame e Frencj introdussero il loro “Modello a Tre Fattori” evidenziando l’importanza di fattori aggiuntivi rispetto al rischio di sistema (Beta), come il valore contabile e la dimensione dell’impresa, aiutando a spiegare le anomalie di mercato.

Altri modelli come quelli di Black e Scholes o la teoria sulla finanza comportamentale hanno influenzato profondamente la teoria di come l’investitore dovrebbe relazionarsi con i mercati sulla base di valutazione degli attivi oppure evidenziando l’impatto di emozioni ed errori cognitivi.

Perché il “sacro verbo” della teoria finanziaria è attendibile e perché no?

Ad oggi l’indubbia utilità della conoscenza culturale di queste teorie, divenute principi di base per la costruzione di un portafoglio e la selezione degli investimenti (Asset Allocation), si confronta sull’uso che ne viene fatto a livello prettamente di compliance e normativa. Tutti i modelli di consulenza si basano su queste teorie, che vantano un’indubbia e accreditata base scientifica, per accreditare e valutare la qualità del servizio di consulenza prestato all’investitore.

Il problema di base è dato dal grande potenziale di sfruttamento commerciale di questi modelli, in quanto manifestando una ‘scientificità’ ed una ‘complessità’ del servizio di consulenza finanziaria o selezione degli asset producono anche necessità di continui servizi di collocamento di strumenti o, appunto, consulenza.

In parole più semplici: chi definisce quale è la composizione del mio portafoglio “ottimale” situato sulla fantomatica frontiera efficiente?

Il rapporto tra rischio e rendimento consente alla frontiera di spostarsi nel tempo. Se nell’anno 1 con un rischio del 5% del capitale sono in grado di assicurarmi con ragionevole confidenza un rendimento del 4%, cosa accade qualora nell’anno 2 le potenzialità del mercato offrano un rendimento del 6% con il medesimo rischio? Indubbiamente la frontiera ‘efficiente’ ha spostato il suo punto di ottimo a rischio 5% dal 4% al 6% di rendimento.

Come è possibile tutto ciò, può chiedersi l’uomo della strada?

Semplicemente nel novembre del 2022 l’interesse annuale pagato da un titolo di Stato tedesco in scadenza nel 2053 era del 1,8% annuo, mentre per effetto del rialzo dei tassi d’interesse esattamente un anno dopo tale rendimento era salito al 3,2%. Possiamo considerare questo un cambiamento avvenuto “a parità di rischio”.

Indubbiamente in quegli anni l’inflazione è salita ed è stato il primo “motore” della politica di rialzo dei tassi delle banche centrali; tuttavia, nel 2024 abbiamo un’inflazione in calo, forse più bassa di quella della fine del 2021 (in cui in realtà era in rialzo), ma con rendimenti più elevati.

Quindi, indubbiamente la ‘frontiera efficiente’ si sposta. Per l’esattezza mi azzarderei a definirla un’astrazione: solo a posteriori potremo dire quale rischio bisogna assumersi in un momento del passato per garantirsi una certa aspettativa di guadagno.

Ecco che l’omologare la compliance e le regole sulla consulenza alla Teoria Classica di portafoglio non è culturalmente sbagliato, ma dà spazio ad un lavoro di ‘previsione’ e ‘analisi’ delle redditività future che offre continuo lavoro ad un’industria della gestione del risparmio disposta generalmente a farsi pagare caro tale servizio.

Questo pur sapendo che spesso un approccio meno attivo ha prodotto nel tempo risultati non peggiori di un dubbio sforzo di continuo inseguimento dei rendimenti ottimali del momento.

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